Il testo di Borgese intitolato Poetica dell’unità può essere considerato il sommario della sua concezione estetica e del suo metodo critico. Questo libro apparve per la prima volta nel 1934; conteneva cinque saggi di teoria critica e di estetica che erano stati a loro volta già pubblicati in varie riviste dal 1903 al 1926.
I due saggi Metodo storico e metodo estetico e Immagine e parola furono pubblicati in appendice al testo.
Immagine e parola costituisce una breve incursione nel campo della linguistica. Borgese non si riprometteva tanto di indagare l’origine della parola, quanto di studiare lo stratificarsi del linguaggio a tre livelli: al livello del bambino, la cui parola indica l’immagine singolare; al livello dell’uomo comune, la cui parola tende a spostarsi dal particolare all'astrazione senza mai definirla; e infine al livello dello scienziato, che crea un linguaggio artificiale adatto e capace di astrarre e generalizzare. Il poeta sarebbe stato, per il suo uso della parola, più prossimo al livello dell’uomo comune. Il saggio era un tentativo di mediazione tra la teoria del linguaggio intravista da Vico e la teoria di Bergson.
Il saggio Metodo storico e metodo estetico, divenuto poi grazie ad una leggera modifica del titolo Metodo storico e critica estetica, mostrava chiaramente che l’autore si era imposto una chiarificazione del problema del metodo e della teoria critica. Borgese qui spalancava le porte alla concorrenza tra critico e artista. Il critico non sarebbe più stato artifex additus artefici, bensì artifex oppositus artefici. Con la riedizione critica ecco che ogni opera d’arte sarebbe nata a nuova vita. Per Borgese un’ipotesi di questo genere ha qualche probabilità di restare in piedi solo, però, nel caso in cui un critico geniale si incontri o si scontri con un poeta altrettanto geniale, e viceversa. Per quanto riguarda la riflessione sul metodo, egli pensava che questo non potesse non essere metodo storico, mentre la critica doveva restare critica estetica. La storia dell’arte doveva così avere per oggetto l’ordinamento nel tempo e nello spazio delle immagini dei miti e dei sentimenti destati in noi dai capolavori – con qualche assistenza biografica, ma senza confondere la natura ideale della storia con gli elementi esterni e accidentali delle opere.